Qualche giorno fa su Repubblica è uscito su un articolo in cui si parla del cambiamento climatico e le conseguenze su alcuni campi da golf nel mondo. Ad un certo punto dell’analisi l’autore, come erroneamente spesso succede, dirotta i suoi pensieri sul impatto che hanno i campi da golf nei confronti dell’ecosistema… Noi di Wegolfers rilanciamo proponendovi alcuni temi affrontati sul sito Federale nella sezione “Impianti ed Ambiente” che suggeriamo di visitare a chi desidera approfondire il tema.
Non è affatto vero che costruire un impianto di golf, allestire e gestirne il percorso, siano nocivi per l’ambiente. È anzi vero il contrario: spesso le diffuse argomentazioni che vorrebbero sostenere un presunto impatto del golf sul territorio non hanno fondamento scientifico.
Sfatiamo sei dei principali luoghi comuni su questo aspetto.
La manutenzione di un percorso di golf richiede un elevato utilizzo di prodotti chimici (fitofarmaci e fertilizzanti)
Oramai da anni nella maggior parte dei percorsi di golf i fitofarmaci vengono utilizzati con grande parsimonia. Vengono difatti considerati come ultima possibilità di difesa, esistendo numerose ed efficaci tecniche alternative per la prevenzione delle principali avversità del tappeto erboso (interventi agronomici, selezione di essenze resistenti, altro). Le aree potenzialmente interessate dai trattamenti inoltre sono quelle di maggior pregio (green, tee ed in parte fairway) ed interessano quindi una percentuale molto ridotta della superficie complessiva (dal 2 al 20% massimo, che su un percorso di 18 buche di circa 60 ettari significa da 1,2 a 12 ettari).
Parlando di fertilizzanti, l’unico rischio potrebbe essere rappresentato dall’elemento nutritivo più importante per il tappeto erboso e più facilmente disperdibile nell’ambiente, cioè l’azoto. Nei percorsi di golf tale rischio è estremamente contenuto o addirittura escluso per il fatto che i fabbisogni sono sempre molto bassi, le aree trattate sono circoscritte (dal 2 al 20% massimo della superficie complessiva), i vettori azotati impiegati sono spesso di origine organica o a lenta cessione ed infine i dosaggi applicati sono sempre necessariamente molto frazionati. A dimostrazione di quanto detto, una indagine condotta dal C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche), che ha messo a confronto gli impieghi di fertilizzanti e fitofarmaci nei percorsi di golf con i consumi delle più comuni colture agricole, ha dato risultati assolutamente favorevoli ai percorsi di golf (fertilizzanti: minori impieghi nel golf del 75% per l’ azoto, dell’85% per il fosforo e del 60% per il potassio – fitofarmaci: minori impieghi del 50% per i fungicidi e del 60% per gli erbicidi i fungicidi, solamente per gli insetticidi si sono registrati impieghi simili). Ultima e non meno importante considerazione in merito all’impiego sia di fitofarmaci che di fertilizzanti, riguarda la biologia del tappeto erboso. Grazie all’elevata densità dei culmi, alla grande attività radicale ed all’intensa attività microbica che genera nel suolo, un tappeto erboso funge da filtro, da mezzo ideale per l’assorbimento e la degradazione delle sostanze chimiche applicate.
La manutenzione dei tappeti erbosi comporta un elevato impiego di risorse idriche
Le moderne tecniche di costruzione e di manutenzione dei percorsi di golf soprattutto in questi ultimi anni sono concentrate sull’ottimizzazione della gestione dell’acqua. Innanzitutto producendo acqua in proprio, cioè realizzando bacini di raccolta sia delle acque meteoriche che dell’acqua di scorrimento superficiale e sottosuperficiale (drenaggi). Sempre più diffuso inoltre è l’impiego di fonti idriche alternative come le acque reflue provenienti dai depuratori. In questo caso, l’azione di filtro esercitata dal tappeto erboso permette di assorbire e degradare le sostanze contenute in queste acque “sporche”.
Un fondamentale contributo è stato fornito dai ricercatori nel campo delle essenze da tappeto erboso, grazie all’individuazione di varietà e specie sempre meno esigenti dal punto di vista idrico, che nel caso delle specie “macroterme” (gramigne) ad esempio si traduce in risparmi di acqua del 50% ed oltre rispetto ad un tappeto erboso tradizionale.
Anche in questo caso una recente indagine condotta dal C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ha permesso di rilevare che un percorso di golf necessità di quantitativi di acqua decisamente inferiori a quelli richiesti dalle più comuni colture agricole (circa il 50% in meno).
La realizzazione di un percorso di golf ha un grande impatto sull’ecosistema
Affermazione certamente corretta, ma in senso positivo. Solitamente i percorsi di golf vengono realizzati su aree ex agricole, degradate (discariche, cave, altro) o eccessivamente antropizzate. Innegabili ed anche facilmente quantificabili quindi i miglioramenti apportati all’ecoesistema: aumento della biodiversità (laghi e zone umide, aree boscate e cespugli alternati a zone con tappeto erboso), minore dispersione di prodotti chimici, reinsediamento di specie autoctone, rifugio per la fauna, usufruibilità di nuove aree, effetti positivi sul paesaggio, zona di protezione per aree naturali protette, vantaggi offerti dal tappeto erboso (elevata produzione di O2, fissazione della CO2, riduzione del pulviscolo atmosferico, controllo dell’erosione del suolo, assorbimento di agenti inquinanti, purificazione e conservazione delle acque, apporto di sostanza organica al suolo, barriera antincendio).
Un percorso di golf causa un’alterazione del paesaggio
Un buon progetto di un percorso di golf non può non tenere conto dell’inserimento nel contesto nel quale viene realizzato. L’attenzione viene incentrata nel rispetto delle caratteristiche e delle peculiarità della zona come il paesaggio, l’orografia, gli aspetti idrogeologici, naturalistici e storico-artistici.
Da sottolineare che in diverse situazioni i percorsi di golf hanno offerto ed offrono un’ottima soluzione “verde” per la riqualificazione territoriale di aree degradate come cave o miniere abbandonate, discariche o vecchie aree industriali (alcuni esempi in Italia: Golf Club Parco dei Medici, Golf Club Roma, Golf Club Matilde di Canossa, Golf Club Le Robinie, Golf Club Versilia, Golf Club Sanremo, Golf Club Sa Tanka, Golf Club I Fiordalisi).
Spesso la costruzione di un nuovo percorso di golf offre la possibilità di sviluppare nuove iniziative edilizie
Tale critica parte dal presupposto che i percorsi di golf sono un pretesto per ottenere licenze di costruzione ed effettuare quindi speculazioni edilizie.
La verità è che in tali situazioni il golf è solo un aspetto marginale dell’affare, sarebbe come prendersela con i giardini quando viene edificato un nuovo quartiere. Molto più utile in tali frangenti discutere con le autorità locali sul tipo di sviluppo territoriale programmato o programmabile.
I percorsi di golf sono aree chiuse ed esclusive che non comportano benefici alla comunità locale
In realtà i percorsi di golf risultano un’indiscutibile risorsa economica in sé, per la comunità locale e per le strutture confinanti, sia diretta che indotta (turismo).
Piccole-medie imprese locali coinvolte: pulizie e lavasecco, floro-vivaismo e giardinaggio, concimi sementi e fitofarmaci, macchine agricole, impianti di irrigazione, arredamento e illuminazione, coppe e trofei, cartoleria, materiale informatico ed elettronico, consulenze varie (sicurezza, agronomo, avvocato, commercialista, medico del lavoro, architetto, altro), ditte catering e buffet, benzina gasolio e gas, personale specializzato (meccanico, elettricista, idraulico, altro), smaltimento rifiuti, stampe, litografie, bar, ristoranti, alberghi, negozi, altro.
Un esempio documentato per tutti: il Golf Club Garlenda (Savona). Negli anni sessanta Garlenda soffriva, come tutti i paesi agricoli, l’emigrazione dei suoi abitanti verso la città, verso l’industria. Nel 1964 a Garlenda esisteva una sola locanda, gran parte delle case era abbandonata e in rovina, i giovani lasciavano il paese, il Comune aveva un bilancio irrisorio; Garlenda era considerata un posto sperduto e poco interessante. La costruzione del campo di golf diede invece il via all’attività turistica del paese. Il campo direttamente occupa 30 persone e l’attività commerciale attorno ad esso prende piede: nuovi negozi, la farmacia, il parrucchiere, ferramenta, elettricista, gli agriturismi… La popolazione raddoppia, le case e i rustici sono tutti restaurati, il Comune indirizza le sue scelte verso la vocazione turistica, migliorano i servizi e nascono nuove infrastrutture (acquedotto, depuratore, il ponte sul Lerrone). Nascono altre strutture sportive e ricettive: maneggio, piscina, campi da tennis, da bocce, pista da pattinaggio. I ristoranti sono diventati 10, gli alberghi 3.
L’ISTAT indica Garlenda dopo Portofino nella classifica di reddito pro-capite.
In questo caso il campo di golf è stato un elemento di valorizzazione dell’entroterra ligure, inserito nel paesaggio senza stonature architettoniche. Ed anche un esempio di collaborazione tra circolo, Comune e vocazione turistica (tratto da “Storia, Sport e Turismo” edito dal Comune di Garlenda, 1992).
Il dibattito è aperto…