Capitolo Due – Io non voglio fare lezione!!
Il Golf è uno sport difficile da imparare. Ma cerchiamo di trarne i punti fermi per una analisi seria, completa e coscienziosa.
Un set di pezzi di ferro (o di materiali vari) che pesano circa 400 gr ciascuno e che arrivano a costare anche 2000 euro, una pallina sofisticata che pesa 45 gr, una buca “ferma” del diametro di 10,8 cm segnalata da una bandiera spesso bicolore per essere individuata meglio, prati curati alla perfezione, campi che costano miliardi, e centinaia di libri di tecnica…
Perciò!!! A cosa serve il maestro?…
Dopo poco l’ingegnere Giuseppe Calotti era arrivato a tale soluzione e ritenendosi da una vita più furbo degli altri, si dette alle riviste di Golf ed ai libri di tecnica dei grandi campioni esattamente come un musulmano affida il suo animo al Corano. Per anni iI suo unico consigliere è stato il Green-Keeper Gustavo detto Avo, che da anni gioca a golf e usa il ferro 1 meglio di chiunque nel circolo e che tra l’altro è molto più simpatico e umile del maestro. Calotti era alto, con dei capelli mori, troppo mori per non essere frutto di un’attenta tintura periodica utile a farlo sembrare più giovane di quello che era, vestiva sempre impeccabile e se qualcosa era di moda lui la indossava sicuramente. Camminava spesso di furia con lo sguardo basso, come se avesse scoperto qualcosa e dovesse andare in un posto ben preciso per il quale conosceva alla perfezione il tragitto. Una camminata veloce ma mai di corsa, salutava distrattamente, ma salutava sempre tutti gli altri soci del circolo, era educato ma si vedeva molto bene che non li riteneva così importanti da dedicare loro il tempo necessario a lunghe chiacchierate.
L’ingegnere incontrava spesso in campo Avo mentre tagliava il fairway con la quintupla e cercava di strappargli qualche consiglio sui colpi più o meno particolari, gli chiedeva qualche consiglio sul gioco o qualche trucco che solo gli esperti come i Green-Keeper conoscono, con l’unico scopo di fare 45 punti alla Coppa Del Maestro e dire davanti a tutti che le lezioni non servono. L’ingegnere non è l’ultimo del circolo, l’ultimo è Germano, ma anche la talpa della buca 7 sa che essere 27 di Hcp dopo 7 anni che gioca tre volte a settimana è veramente da negati. Giuseppe lo sa, può migliorare, se il suo score d’oro per l’Eclettica non è mai sceso sotto i 93 colpi è solo perchè da ragazzino si è fratturato una clavicola e quindi prendere le lezioni non servirebbe comunque a niente.
Ricordo quella seconda domenica di luglio quando doveva partire alle 10:15 dal tee della buca uno e voleva fare bella figura. Era tutta la settimana che a Bardarolo si parlava della “Coppa del Maestro”, e voleva perlomeno farlo stare in ansia fino alla consegna dello score. Per l’ingegnere vincere la coppa del maestro era oramai una tappa necessaria per umiliarlo e dimostrargli che di Golf non ci capisce come tutti pensano. Giuseppe non andò a lavorare tutta la settimana per allenarsi, quello che non gli dà in lezioni glielo rende in gettoni del campo pratica, ma lui è una vita che è più furbo di tutti. Stette 45 minuti ad allenarsi sul putting-green per scaricare la tensione, cercò di pensare che il fairway fosse largo, che il green fosse largo, che il movimento fosse facile e che se Avo era bravo come pensava quella Coppa sarebbe stata sua.
Giusto il giorno prima della gara il green keeper gli dette le ultime dritte con le quali si sentiva talmente forte e rassicurato che sarebbe potuto andare a fare i campionati medal su di una gamba sola. “Braccio sinistro teso e gambe ferme”. La pratica della domenica mattina non fù un granchè, ma gli ultimi 6 gettoni andarono un pò meglio.
“Calottiiiiiiiii “, lo starter urlò il suo nome perchè come al solito la segreteria si accorse che non aveva pagato l’iscrizione, se ne dimenticava sempre perché quando andava a praticare alle 7:20 la segreteria era ancora chiusa e poi tutto concentrato non ci faceva più caso, la domenica era sempre così, ogni domenica la stessa storia. Sentiva che era solamente un colpo basso del maestro per spomparlo proprio prima del colpo di partenza, ma lui aveva visto ventiquattro volte la cassetta di Arnold Palmer dove suggeriva di prepararsi a livello aerobico per le lunghe ed estenuanti gare di Golf. Quella corsetta in segreteria e la seconda corsetta verso il tee di partenza non erano che una passeggiata per un maratoneta del suo calibro, Bardarolo-Avezza / Avezza-Bardarolo per un totale di 25 Kilometri in 4 ore e 32 minuti.
Arrivò sul tee spaccando il secondo, il maestro aveva già guardato l’orologio al polso per vedere se era in ritardo, tanto per dargli due colpi di penalità, ma lui a sangue freddo lo salutò e con fermezza lo guardò negli occhi avvicinandosi per sussurrargli nell’orecchio “Bardarolo-Avezza / Avezza-Bardarolo 4 ore e 32 minuti, una corsetta così mi ci voleva per partire meglio”.
Muto, col colletto alzato e le braccia incrociate il “vile” maestro lo fissava senza distogliere lo sguardo, la sfida era in corso, lo starter capì tutto e dette l’ordine di partenza,.. “Gennai, Forteguerri, Calotti.”
Attilio Gennai, 13 di hcp., aveva fatto come sempre richiesta di non giocare con lui perchè aveva sempre furia e quindi voleva giocare solo con gente brava, l’ingegnere lo sapeva, ma il Maestro voleva metterlo con nemici pronti ad agitarlo e renderlo nervoso, anche se era sempre 27 di hcp. Ormai erano sette anni che giocava a Golf ed il sangue freddo non gli mancava affatto. Forteguerri era un fissato con le regole che dava le penalità anche in allenamento, non conosceva molto bene le regole e non riusciva ad evitare di attorcigliarsi in discorsi pleonastici e analogie fuori luogo nel spiegarle agli altri. Per chiudere le questioni però aveva imparato la mitica frase, “così è scritto sul libro delle decisioni”. Aveva fatto espressa richiesta di non giocare con Calotti in quanto preferiva giocare con i più rinomati ladri del circolo, ma l’uomo da tallonare quel giorno era Giuseppe Calotti, e visto che il segretario vuol “mangiare il panettone” ha eseguito alla lettera l’ordine di partenza prefissato dal maestro.
Entrambi i suoi compagni riuscirono ad eseguire due mediocri drive in centro pista. L’ingegner Calotti guardò il maestro per un’ultima volta e sfoggiò il nuovissimo Drive di quella ditta famosissima, il modello era molto particolare, era l’ultimo ritrovato della tecnologia aerospaziale, si chiamava TVTB 580 RSZ/28. Praticamente era fatto con lava dell’Etna all’interno, rivestito di diamanti nello sweet-spot, tutto contornato in madre perla e placche di Uranio per un miglior feeling all’impatto. Aveva anche l’ultimo modello di tee, quello extra lungo che reggeva la pallina con una spazzolina per ridurre l’attrito al minimo in modo da non perdere distanza. Aveva i Black Widow come chiodi per non perdere attrito sul terreno, i grip color beige da 38 euro l’uno per una presa morbida e confortevole, sacca da 22 pollici con 58 tasche e borraccia incorporata, carrello elettrico che cercava la pallina tramite un sistema GPS di ultima generazione, occhiali in fibra di titanio con lente che aiuta a vedere meglio le pendenze sul green e caddie napoletano per farsi intendere sulle regole con eventuali compagni di gara un pò troppo pignoli.
Scelse la parte sinistra del tee di partenza perchè voleva tirare sulla parte destra del fairway, una scelta da grande campione che lascio sulle spine il maestro ed il suo fido Buroni che come sempre stava alla sua destra. Arrivò il momento della resa dei conti. Si ricordava tutto, l’anima di Avo era li accanto che gli ripeteva: “Testa ferma, gambe ferme, braccio sinistro teso, tira piano, gira la schiena, alza il mento, non muovere il ginocchio, alza il tallone e….. via bello sciolto.” A sinistra della buca 1 a Bardarolo c’era l’out, era quello che delimitava il campo pratica, e per non andare a sinistra sapeva come fare e lo fece, apri’ un po’ il bastone nelle mani e cominciò a fare il movimento limitando l’azione dei polsi, dicendosi fra sé e sé con l’occhio felino: “tagliare il colpo con questo trucchetto che mi ha insegnato Avo sarà uno scherzo, chissà se il maestro lo conosce?” Il maestro aveva i tipici occhiali da sole ed il colletto alzato, parlava con Buroni e con Germano e sicuramente stava commentando il movimento, ma era l’ora di fargli vedere chi fosse veramente Giuseppe Calotti, non un 27 di hcp. qualunque, ma il migliore 27 della Toscana, forse del mondo!!!! Dentro di sé aveva giocato migliaia di volte il Masters di Augusta… ovviamente vincendolo! Aveva fatto migliaia di volte la palla con lo slice insieme ad Avo, ed era perfettamente preparato.
Staccò il bastone esterno per seguire la linea dei piedi, ma praticamente si aggiustò il ciuffo di capelli sulla destra, scese ruotando in anticipo i fianchi rischiando di mancarla, ma per non farlo decise di recuperare piegando il ginocchio destro dando origine ad un’eclatante e gigantesca flappa… Cominciò a urlare davanti a tutti i presenti: “ROTOLA, ROTOLA, ROTOLA… TI PREGO ROTOLA”. Un gancio almeno avrebbe volato mentre con quella flappa non passò nemmeno il Tee delle donne. Buroni si fece sentire da tutti i soci esclamando ad alta voce: “tirchio schifoso, dopo sette anni implora ancora la pallina di passare il tee delle donne.” Il maestro calmo e soddisfatto si fece sentire dicendo, “questo succede a non fare lezione”. L’ingegnere Giuseppe Calotti sapeva che Avo era bravo, ma se la canna pesa troppo si rischia di fare flappa. “La prossima domenica” si disse fra se e se Giuseppe Calotti “partirò con uno shaft piu leggero e vedremo se non sono capace di passare il tee delle donne”.
Continua…
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