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Tutti abbiamo dubbi, ed anche il vicepresidente Ottavio Buroni cominciò a nutrire dubbi nei confronti del maestro, così decise di seguire le orme di Calotti e Martelli perchè ormai è chiaro, al driving range tutto è normale, a volte pure meglio del solito, però già sul putting green vicino al tee di partenza uno strano buco allo stomaco comincia a crescere fino ad oscurare la mente e quando lo starter dice il tuo nome qualcosa comincia ad andare per il verso sbagliato; è l’ansia che aumenta.

Il maestro del circolo ha fatto la terza elementare e di ansia non ci capisce molto. Buroni giocò una volta 18 buche con Calotti che lo convinse: “le lezioni non sono importanti”.

Il maestro vide il suo pupillo perdersi in quelle immagini delle riviste dove David dice a Nick come tirare più lungo, dove fra Power Line e fattori Y anche un ingegnere farebbe fatica a trarne le fila per giocare uno sport unico. Erano cinque anni che giocava a golf come socio del Bardarolo Royal & Ancient Golf Club, e raggiunse un onesto 6 di hcp., ma spesso giocava così male che sua moglie in club house lo prendeva in giro davanti a tutti, così lui andava subito dal maestro con gli occhi di un bambino colto in flagrante mentre rubava un lecca lecca e con una timida ansia chiedeva:

“Vero signor maestro che anche Tiger Woods qualche volta sbaglia?”
“Si, si, pero lui quando sbaglia va a fare subito tre ore di lezione, lui mica vuol diventare come Germano Virminio!!!”
“Ma lei è libero adesso?”
“Guardi il caso…, ha disdetto ora tre ore di lezione una signora che viene apposta da Vicenza perchè ha forato a Sasso Marconi.”

Ma torniamo sul tee della buca uno, dove oggi viene disputata la Coppa del Cinghiale Toscano, coppa molto importante che prevede un circuito con tanto di finale, sembra quasi dedicata a Germano Virminio, che di ghiande quando giocava ne trovava veramente tante.

Ottavio Buroni era lì con il suo drive e la sua Titleist Pro V1, era pronto a fare un ottimo ed ampio one-piece take-away come quello di Ernie Els, per andare in finale aveva cambiato anche il tee giallo, non era superstizioso, ma senza maestro era meglio non rischiare. Il primo premio consisteva in due giorni tutto spesato a Bardonecchia, l’accompagnatore pagava il 50%.

Sua moglie a Bardonecchia ce lo avrebbe mandato con la ganza, tanto a lei piaceva Avo. Quel giorno era splendente più che mai con l’ultima maglietta a righe ed il pantalone elasticizzato antiacqua, antivento, antifreddo e che diminuisce di 10 gradi la temperatura quando c’è troppo caldo, d’altronde qualcosa dovevano dirgli per farglieli pagare 580 euro.

Abbandonati i preziosi suggerimenti che il maestro gli aveva dato in tutti quegli anni si sentiva finalmente pronto a fare lo swing come aveva letto e visto su quel costosissimo libro che parlava di un sistema rivoluzionario di fare il movimento, era scritto da un astrofisico iraniano in collaborazione con un petrolchimico dell’AGIP e con immagini tratte dal calendario Pirelli. Il libro era intitolato, “The Revolution of the Golf Swing”. Praticamente, comprato il libro, veniva consigliato di spedire il coupon allegato cosi anche se non miglioravi ti regalavano un binocolo, un buono benzina di 5 Euro ed un calendario di Anna Falchi.

Aveva tutte le immagini stampate nella mente, magiche linee che attraversano i piu grandi giocatori di tutti i tempi che spiegavano perchè si stende di qui e perchè si piega di là, e Nicklaus fa cosi e Faldo fa cosà, e parti con i fianchi e vai col release, metti il bastone square ma stai attento al laid off, aggiusta lo stance e raddrizza il grip, ecc…

Lui aveva letto tanti libri e visto le immagini di molte riviste, quindi sapeva che lo stacco del bastone deve essere come quello di Tiger, il backswing come quello di Quiros, il downswing ognuno se lo improvvisa come meglio può ed il finish uguale a quello di Harrington. Forse il senso di rimorso nei confronti del maestro che era lì vicino alla staccionata con gli occhiali da sole il colletto alzato e le braccia incrociate, forse la trippa mangiata in abbondanza la sera prima, fatto sta che Ottavio Buroni fece un backswing talmente ampio che la maglietta gli tirava così tanto da non permettergli più di imitare Tiger, ma per orgoglio non si fermò ed il backswing cominciò ad assomigliare a quello dello starter del circolo, il downswing era simile a quello all’immagine in copertina del “Manuale del Bravo Viticoltore” e il finale invece sembrava quello di Harrington con la gobba. Le mani prevalsero alla grande, quindi l'”active body passive hands” nel quale aveva sempre lavorato al campo pratica se ne andò a farsi benedire per acquisire una netta tecnica degna della mimica naturalista di Stanislavskij… praticamente sembrava un pino silvestre con due braccia.

Un gancio verso lo zerbino del maestro lo rese umano anche agli occhi di Germano, mentre Gennai era già preso dallo sconforto e dalla disperazione perchè a lui piaceva giocare veloce e la palla provvisoria avrebbe senz’altro fatto perdere attimi preziosi. Buroni cercò invano di far rientrare la pallina in pista toccando il corno rosso nella tasca destra, ma un fatto è ingiusto in questo sport, che quando i rami servono non ci sono mai.

Continua…

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