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Una stagione del PGA Tour da favola si prepara per il secondo capitolo
Lo sport è pronto per il primo evento dopo il rinvio di marzo  

di Jim McCabe

FORT WORTH, TEXAS – Nel deserto di Scottsdale, in Arizona, negli ultimi giorni dello scorso gennaio, le celebrazioni connesse con il Waste Management Phoenix Open erano al centro dell’attenzione. I tabelloni erano illuminati, il clamore della folla circondava la famosa sedicesima buca, e golfisti famosi intrattenevano gli spettatori accorsi in massa.

Era il sedicesimo torneo della stagione 2019-2020, iniziato da cinque mesi e già di estremo successo, dato che Tiger Woods aveva vinto ancora, stavolta il torneo ZOZO Championship, raggiungendo Sam Snead per il maggior numero di vittorie nel PGA Tour. Anche Justin Thomas aveva vinto due volte e Rory McIlroy aveva trionfato in Cina, ed era quasi tornato ad essere il numero uno del mondo.

Allo stesso tempo però notizie dall’estero iniziavano a parlare della diffusione di un coronavirus. L’Organizzazione Mondiale della Sanità suggeriva che le nazioni si preparassero a predisporre attività di contenimento e isolamento, anche se il governo federale e le amministrazioni locali statunitensi non insistevano troppo su quello che gli esperti stavano chiamando “distanziamento sociale”.

Quando Webb Simpson batté Tony Finau al playoff il 2 febbraio al TPC Scottsdale fu ancora una volta un grande successo di pubblico. Il Tour, anzi, qualsiasi sport in America, non aveva alcuna connessione con l’universo del coronavirus. Dopotutto vi erano solo sette casi confermati negli Stati Uniti su una popolazione di 331 milioni di persone.

Ma dopo meno di sei settimane, questi universi si sarebbero scontrati, in un modo mai visto prima, e il Tour, come ogni altra attività negli Stati Uniti, doveva affrontare una cruda realtà.

Doveva essere fermato

La pandemia è arrivata come un’onda invisibile, quando il golf stava per partire con una serie di eventi importanti, a partire dal The Players Championship.

Nell’aria però si respirava un senso di disagio. A quel momento 18 decessi erano stati attribuiti al COVID-19 e vi erano più di 1200 casi. A peggiorare la situazione contribuiva il fatto che non si sapeva molto sul virus dal punto di vista medico e le domande superavano di molto le risposte.

Il Commissioner del PGA Tour, Jay Monahan iniziò a parlarne e a parlare delle decisioni da adottare.

Le informazioni ottenute dal consulente medico del PGA Tour, Dr. Thomas Hospel e dalle organizzazioni sanitarie statunitensi e mondiali, confermavano la possibilità di proseguire con il torneo. I focolai del COVID-19 erano pochi; le attività sportive negli Stati Uniti continuavano e quindi i dirigenti confermarono il TPC di Sawgrass dell’11 marzo, con grandi attese per una gara che si annunciava magnifica.

Prima di sera però, il quadro era cambiato drammaticamente. Un giocatore di basket del NBA era risultato positivo al COVID-19 e questo era un segno preoccupante per gli appassionati di sport.

Il giovedì era iniziato con un clima ideale e al torneo assisteva probabilmente la folla più numerosa mai registrata. I tifosi poterono ammirare Hideki Matsuyama che segnava un gran giro in 63 (-9), ma Monahan non poté godersi lo spettacolo: stava passando la giornata controllando quello che succedeva altrove. La NBA aveva sospeso la stagione e anche il torneo di Hockey e la NASCAR erano state sospese. La Major League di Baseball aveva annunciato che non avrebbe iniziato la stagione quel mese.

Al primo round avevano assistito migliaia di spettatori stipati nelle tribune stracolme, ma Monahan e il suo team presero la decisione di proseguire la gara senza spettatori. “Sia la Casa Bianca che il governatore della Florida sostengono le misure precauzionali che abbiamo preso fino ad oggi” aveva annunciato il commissioner a metà mattina del giovedì.

“Tuttavia” aggiungeva, “è importante notare che questo potrebbe cambiare”.

Circa otto ore più tardi, questo avveniva nel modo più impensabile.

Il PGA Tour cancellava The Players.

Cosa era successo da metà mattina a tarda serata? “Numerosi giocatori avevano espresso le loro preoccupazioni” disse Monahan “e prendemmo in considerazione tutto ciò molto seriamente”.

Poco a poco, gli Stati Uniti vennero praticamente chiusi o messi in  stato di isolamento. Monahan e i suoi collaboratori sapevano che il golf era l’unico sport che ancora si giocava. Il 13 marzo annunciò solennemente: “Questo è l’evento più importante dell’anno. Tuttavia, pur ritenendo che il nostro ambiente sia sicuro e che abbiamo fatto tutto in modo corretto, non possiamo continuare e non è giusto che continuiamo”.

Se l’interruzione della stagione arrivò ad una velocità inattesa, il compito di riportare l’ordine sarebbe stato molto lento. Fortunatamente, Monahan è una persona dotata di molta pazienza e buon senso, e dovette usare ogni riserva di entrambi nella successiva catena di eventi.

Come prima cosa, alla cancellazione di The Players seguì quella dei tre tornei successivi. Quindi arrivò l’annuncio shock che il Masters sarebbe stato rinviato rispetto alla consueta data di aprile. In seguito il PGA Tour cancellava altri quattro eventi e quando la PGA of America annunciò che avrebbe rinviato il PGA Championship, si capì che la stagione era finita, almeno fino al 17 maggio.

Monahan rimaneva ottimista e i giocatori si accorsero di tale fiducia.

“Rinvio è una parola confortante” disse Xander Schauffele. “Nella misura in cui rimane rinviato penso che i giocatori manterranno la speranza”.

Monahan aveva tutte le intenzioni di dare corpo a tale speranza, ma prima c’era un ostacolo da superare. Le associazioni mondiali di golf – Masters, U.S. Golf Association, PGA of America, R&A, LPGA – avevano bisogno di essere rassicurate, non frantumate, e Monahan è sempre stato in prima linea nelle discussioni.

Il 6 aprile, le organizzazioni fecero un annuncio congiunto, e chiarirono il futuro di quattro tornei maschili. Il PGA Championship si sarebbe svolto in agosto, lo U.S. Open a settembre, il Masters a novembre e l’Open Championship sarebbe stato cancellato.

Con le date fissate per i principali tornei, Monahan si mise al lavoro per organizzare il resto del programma del PGA Tour 2019-2020. Ancora una volta, fece affidamento su un’organizzazione che aveva costruito solide basi in 51 anni di esistenza: Monahan era determinato a riaprire, ma solo con idonee misure di sicurezza.

“Abbiamo promesso dall’inizio che saremmo stati responsabili, attenti e trasparenti con il nostro processo decisionale” disse Monahan, che annunciò che il Tour sarebbe reiniziato l’11 giugno con il  Charles Schwab Challenge di Fort Worth, Texas.

Ci sarebbero stati 14 tornei in un periodo di 13 settimane, culminanti con tre playoff consecutivi della FedExCup: Il Northern Trust, dal 20 al 23 agosto; il BMW Championship,  dal 27 al 30 agosto e il Tour Championship dal 4 al 7 settembre. Riuscì a salvare un programma di 36 settimane, 10 altri eventi vennero cancellati, alcuni altri dovettero cambiare data, con conseguenze sulle vite di tutti gli interessati.

Tra l’ultimo round dell’Arnold Palmer Invitational dell’8 marzo e il primo del Charles Schwab Challenge di questa settimana, ci sarebbero stati 94 giorni di chiusura, fatto che ha generato ostacoli e incertezza senza precedenti. Monahan però non ha mai perso la fiducia.

Quando ha visto la prospettiva di reiniziare, è riuscito a resistere. Ha mantenuto il dialogo con i giocatori e le città che dovevano ospitare i tornei. Il tutto con il supporto di decine di giocatori che hanno utilizzato i social media per mantenere il coinvolgimento dei tifosi.

Nei giorni scorsi, mentre tutti gli altri sport negli Stati Uniti rimanevano indecisi riguardo alla riapertura, l’attenzione dimostrata dal PGA Tour è apparsa ancor più impressionante. Instancabili conversazioni con funzionari sanitari e amministratori pubblici, hanno permesso al Tour di predisporre un piano di controlli che consente un adeguato livello di sicurezza.

Con tutto ormai pronto, bisognava solo aspettare che arrivasse la settimana del Charles Schwab Challenge ed ora che è arrivata godiamoci lo spettacolo!

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