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A quasi cinque mesi dall’introduzione in Italia del World Handicap System, qualcuno inizia a chiedersi: “Ma chi ce l’ha fatto fare? Nel corso degli anni c’eravamo abituati a confrontarci con il sistema EGA che, tutto sommato, nonostante la sua limitata reattività nel garantire in qualsiasi momento un handicap che rispecchiasse in maniera adeguata le reali capacità di ogni singolo giocatore, ci pareva quanto di meglio esistesse a livello globale.

Può essere che qualcuno non avesse ancora compreso appieno l’esatto funzionamento e/o utilità del CBA, o il motivo del blocco degli aumenti sopra il fatidico 18,4, ma, tutto sommato, l’EGA System ci era entrato nel DNA dopo 17 anni di onorata carriera. Quasi tutti ne avevamo compreso il funzionamento e, diciamocela tutta, oramai ci avevamo preso la mano.

Alla fine di ogni gara sapevamo calcolare (chi più chi meno) il nostro nuovo index e, secondo la situazione, eravamo pronti a festeggiare l’abbassamento dell’hcp in compagnia degli amici, o ad annegare in una birra il dispiacere per aver collezionato l’ennesima “virgola”.

Battisti cantava “Ma da quando ci sei tu, tutto questo non c’è più” mannaggia al WHS, che da quando è arrivato, ci ha tolto tutte le nostre certezze!

Oggi, a fine gara, se vogliamo capire all’istante in che direzione andrà il nostro handicap, dobbiamo districarci tra medie, tabelle dei correttivi e formule matematiche degne di Einstein. E anche il giorno dopo, non è che tutto diventi più chiaro. Esaminando la nostra scheda risultati ci domandiamo: “Sarà mica che il software abbia sbagliato ieri?”. “Come mai non sono sceso se ho fatto 39?”.

E se da noi e nel resto dei paesi EGA non è tutto rose e fiori, in Irlanda e nel Regno Unito le cose vanno decisamente peggio. Al di là dalla Manica infatti, l’approccio con il WHS si è rivelato essere particolarmente complicato. Il vecchio sistema CONGU, già sulla carta, era stato indicato come quello che avrebbe “sofferto” maggiormente il cambiamento all’atto della transizione. Sul web, la domanda che nelle chat di golf anglofone va per la maggiore è: “If it’s not broken, why fix it?”  E come in Italia quindi, in molti a interrogarsi: “Cosa non andava bene nel vecchio metodo per essere costretti a passare al nuovo?”.

La risposta, in parte, l’ha data il gruppo di studio del WHS, prima ancora che il sistema venisse lanciato a livello globale.

“Ci sono voluti molti anni di ricerche e discussioni per arrivare a questo punto. Sono stati esaminati tutti i sistemi in uso nel mondo e, per ognuno di essi, sono stati presi in considerazione i connotati più interessanti ed i tratti che piacevano maggiormente alla base dei praticanti. Insieme sono utilizzati come punto di partenza per lo sviluppo della struttura. Quello che si è ottenuto è un sistema che, a prima vista, può sembrare complicato, ma che è invece semplice e reattivo e continuerà ad essere migliorato negli anni a venire”.

Ricordo ancora quando nel 2003 in Italia passammo dal sistema CONGU (quello che ora rimpiangono nel Regno Unito) all’Ega Handicap System. All’inizio eravamo tutti sconcertati; le segreterie di circolo faticavano a spiegare ai soci le novità. I primi mesi non eravamo nemmeno in grado di capire quale handicap avremmo giocato nel circolo vicino, figuriamoci calcolare l’aggiornamento dell’index dopo una gara.

Anche allora tutti a chiederci: “Ma chi ce l’ha fatto fare?”. Sembra quindi che la storia si ripeta, e noi tutti si abbia la memoria corta.

Ogni cambiamento provoca, e provocherà sempre, contrattempi più o meno evidenti. Sarà solo il tempo a dirci se il nuovo sistema saprà davvero soddisfare le nostre esigenze ed aspettative. Calcolatrice alla mano, armiamoci quindi di pazienza: presto ci sembrerà tutto più facile e intuitivo!

A cura di Richard Cau e Nicola Veclani

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