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Se non ci provi, hai già perso

Per sviluppare il sesto senso bisogna liberarsi della zavorra

Avevo promesso che su Wegolfers avrei scritto solo di narrativa, di romanzi ambientati nel mondo del golf o storie di golf raccontate da scrittori. Ma ho trovato un saggio che si legge come un romanzo, con un’evoluzione precisa, uno svolgimento che affronta problemi e offre soluzioni secondo un percorso definito.  Non si tratta di uno di quei manuali in cui puoi saltare da un capitolo all’altro alla ricerca degli argomenti che più ti interessano, no, qui l’autore va seguito passo dopo passo dalla prima all’ultima buca.

Il libro è “The Golfer’s Sixth Sense” e l’autore è lo svedese Markus Westerberg. Dopo una folgorante carriera come amateur, Markus è diventato professionista nel 1994 e da allora, per quindici anni ha gareggiato in tutto il mondo vincendo otto titoli. Oggi insegna e lavora come coach. Markus dichiara di avere due passioni: il golf e le persone. Per questo si è laureato in Psicologia e quando al suo centro nel sud della Svezia si presenta un nuovo allievo o un golfista in crisi, per lui si apre un nuovo mondo da esplorare.

Il nostro subconscio controlla lo swing molto più di quanto il golfista possa immaginare

Partendo da questo assunto Westerberg si inoltra in un percorso che lo porta dalla psicologia applicata al golf fino alle basi delle modalità di apprendimento della specie umana, fino alla filosofia. “I filosofi hanno dibattuto per secoli su come sia possibile dare il meglio di noi e godere della vita pur sapendo che la tragedia può coglierci in qualsiasi momento. Nel golf, il disastro si nasconde ovunque, il prossimo tiro potrebbe essere uno shank. Ma più miglioriamo, meno possibilità avremo di sbagliare. Ed è proprio questo il punto: sforzarsi per raggiungere l’eccellenza accettando la realtà. Non c’è sicurezza, ma possiamo sentirci sicuri. Non c’è controllo, ma ci sono momenti in cui abbiamo tutto sotto controllo. I golfisti che non accettano questa apparente contraddizione non solo sono condannati a soffrire, ma non giocheranno mai al loro meglio”.

Westerberg si insinua nella nostra mente osservandoci nel momento dello swing, quando tutti i nostri sensi sono attivati per impartire comandi all’intero sistema motorio. Qui si nasconde, secondo l’autore, l’origine di ogni errore. “Il controllo è l’essenza del buon golf, ma quando il controllo prende il comando, le cose vanno male. Un golfista incastrato nell’illusione di poter controllare tutto non accetta il gioco. Al contrario, gioca cercando di evitare gli errori e conseguentemente perde, una buca dopo l’altra”. Le analisi e le conseguenti conclusioni a cui giunge l’autore sono perentorie e non lasciano dubbi. Si vede che conosce a fondo la materia per averla studiata su di sé, sui suoi allievi e con i campioni con cui ha avuto il privilegio di competere. Sembra quasi che con questo saggio Westerberg voglia liberarci dalla corazza ingombrante di pensieri che imprigionano i nostri swing e cita Leadbetter quando dice che “l’obiettivo finale è convertire il movimento dello swing in puro istinto invece che pensiero consapevole”. E le sue considerazioni non si fermano allo swing, ma arrivano anche al putt, perché la regola è sempre la stessa: se la nostra attenzione è diretta al controllo di come si muoverà ogni nostro dettaglio anatomico, non sarà diretta all’obiettivo.

Avete dei dubbi? Provate a pensare se un giocatore di basket prima di lanciare a canestro facesse mentalmente il riassunto di come coordinare le gambe e quanto estendere le braccia.

Buon gioco e buona lettura!

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