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L’idea di questo racconto mi è venuta nel 1993 sul tee della Buca 9 del Golf Club Milano.
Giocavo con un ragazzo che aveva evidenti difficoltà a giocare questo sport, lui era lì più per volontà dei genitori che per volontà sua e così ho capito che quello che io avevo sempre fatto, e faccio ancora, solo in modo serio e coscienzioso poteva essere fatto in molti altri modi e con tantissime sfaccettature diverse.

Prefazione

Ho sempre giocato a Golf con l’ammirazione per il più bravo, ascoltando quelli che erano i migliori del momento; gli inglesi parlerebbero di “leading from the top”. Insofferenza per i meno bravi sicuramente ne avevo, la voglia era sempre quella di giocare con i migliori nel tentativo di batterli, ma non ho mai scordato che si impara di più dai fallimenti che dai successi e veder giocare un giro pieno di colpi sbagliati poteva essere molto utile, immedesimarsi nel colpo di un altro e immaginare come poter recuperare situazioni estreme era un ottimo esercizio mentale e spesso anche divertente.

Per giocare un buon Golf per molto tempo ci vuole una costante concentrazione che renda impermeabili da ogni decadenza fisica e mentale, commettere un errore serviva solo per imparare e se imparavo in fretta potevo recuperare prima che la gara fosse terminata. Dopo un giro giocato male l’unico pensiero era solo recuperare, non ci poteva mai essere nemmeno un attimo di disperazione e così se sbagliavo l’unica cosa che sapevo è che avevo sbagliato e che quindi non avevo fatto le cose giuste, quando sbagliavo era solo colpa mia.

Per me la pallina e il bastone da Golf sono il mondo del lavoro, è sempre stata roba seria. In poco tempo era pronto il racconto come lo si può leggere adesso, poi gli eventi vari della vita e si era perso in qualche cartella del computer, per fortuna era in una cartella che mi ha sempre accompagnato. Un’ultima revisione dopo molti anni, da cui sono nati gli ultimi capitoli, sicuramente con più esperienza nel mondo del Golf e nella vita e qualche libro letto in più, eccoci qua che il racconto GOLFISTI è pronto.

Poche delle cose raccontate sono frutto della mia fantasia, tanto di questo racconto è vero, non leggerete una serie di storielle divertenti, ma pezzi di vite comiche. Il motore pulsante di questo racconto è la differenza fra il prima e il dopo, sempre nel rispetto delle dovute eccezioni.

Prima si giocava a Golf cercando di imparare ascoltando, ora si parla di cosa si fa per giocare a Golf. La fase dell’apprendimento è proprio saltata, nell’era del click & go, click & fai, click & vai, anche a Golf devi giocare dopo un click. Avrei voluto scrivere che “la sete del sapere può essere calmierata solo dalla fontana della conoscenza”, ma mi sembra un po’ troppo spocchioso e non lo faccio. Prima ci si associava ai circoli di Golf per dare al circolo quello che si era, il circolo era sempre più delizioso all’ arrivo di ogni socio. Oggi ci si associa per impadronirsi (a volte sembra per portare via) di qualcosa che non si ha avuto alla nascita.

Ridiamoci su, sono poche pagine ma spero che vi divertiate tantissimo nel leggerle come ho fatto io nello scriverle.

Agli addetti ai lavori nel mondo del Golf che con la loro pazienza non perdono mai la speranza.

Luca Ravinetto – maestro di golf

Drive

A Bardarolo, un piccolo paese dell’entroterra toscano c’è un prestigioso circolo di Golf, il Bardarolo Royal & Ancient Golf Club, costosissimo, i soci non osano nemmeno dire solamente Bardarolo perché dopo 25000 euro di azioni per farne parte il nome può essere soltanto Bardarolo Royal & Ancient Golf Club.

Provate voi ad immaginare questo circolo, niente di strano, un club come tanti, con le tipiche figure di soci che ogni giorno rallegrano la vita degli addetti ai lavori con le loro manie, le loro paure e le proprie velleità.

La città di Bardarolo si trova immersa fra gli ulivi ed i vigneti, fra gli antichi casolari e le dolci sinuose colline della Toscana, e siccome i golfisti hanno una fantasia sconfinata il Club l ‘hanno chiamato col nome del paese.

Ho giocato a Bardarolo tanti anni, e mai, dico mai, ma proprio mai, mi sono annoiato.

Capitolo Uno – Germano Virminio Tozzi

In quale circolo non esistono i personaggi con la P maiuscola?

A Bardarolo ne è stato sempre pieno, ma uno ha mantenuto una figura immutata per oltre un decennio, Germano Virminio Tozzi. La sua caratteristica è quella di aver fatto tre ore di lezione a settimana per almeno dieci anni e non aver sfiorato neanche una volta l’idea di prendere l ‘hcp. Per Germano l’acqua andava in salita, il sole nasceva ad ovest ed il tempo si era fermato al giorno che aveva preso la prima lezione di Golf.

Germano era basso, grassottello, arrivava sempre vestito con la cravatta che per scendere dal collo fino all’ ombelico era costretta a fare una curva tipica di chi mangia molto e cammina poco. Portava con se sempre il fazzoletto di stoffa utile ad asciugare il sudore, era un gesto che faceva con grande velocità ed evidentemente molta esperienza.

Quando praticava era così concentrato che non lo usava mai, ma con quella pancia così pronunciata nessuna goccia riusciva mai a toccare terra. Mi ricordo con tenerezza quelle domeniche in segreteria quando il povero Germano consegnava lo score, il maestro si tirava il sale dietro la schiena, il segretario toccava ferro, ed il presidente si toccava le palle; non riuscì mai a consegnare uno score con più di 16 punti (e mai prese l‘hcp.), non vide mai altri circoli.

Tutti si divertivano a raccontargli che esistono delle buche di 870 metri con i fairway in erba di smeraldo e rough fatti con orchidee di tutti i colori, ruscelli con l’acqua nella quale si trovano pepite d’oro, ma per poter giocare in quei campi, gli ricordavano tutti in coro al ristorante, “…doveva fare 36 per prendere l’hcp.”.

Per i non vedenti è stato inventato il Braille e con Germano il maestro aveva provato tutti i drill consigliati dai migliori maestri della PGA, circa 150 e nonostante tutto non è mai riuscito a fargli passare i 125 metri. Anche Franco, il caddie master, gli insegnava tutte le volte come mettere la sacca sul Cart, ma Germano senza sorprese, tutte le volte partiva e tutte le volte non l’allacciava. Nel 1997 non prese l’hcp. nemmeno con lo score d’oro, ed il presidente Giuseppe Staccioli lo mise senza pietà in bacheca. Ancora oggi è lì appeso e quando un giocatore fa una brutta lezione il maestro lo porta a vedere lo score per fargli capire che comunque il “fondo” è ancora lontano.

Sul povero Germano ce ne sarebbero molte da raccontare ma “quella del Lob” riuscì a fare il giro della Toscana in meno di due giorni. Germano stava provando il Lob, spiegatogli dal maestro con la stessa motivazione con la quale si porta un sordo ad un concerto al Teatro alla Scala. Il cameriere stava servendo degli svizzeri vicini al Putting-Green e Germano si trovava dall’altra parte con l’intenzione di tirare proprio al centro del Green; il cameriere preoccupato chiamò il gestore che, abitualmente in modo cordiale lo prendeva in giro davanti a tutti, e gli disse: “ma perchè non la tira a ruzzolino come tutti?”. Germano gasato dai primi soli primaverili rispose fermamente: “non si preoccupi, mi ha spiegato tutto il maestro, ho fatto quattro ore di lezione stamattina, basta far puntare il palmo della mano destra al cielo…ed il gioco è fatto, la palla volerà bella alta per fermarsi morbidamente sul green.” Mai palla volo più tesa, un ferro contro vento. Ci fu un fuggi fuggi generale e la pallina andò a colpire proprio la figlia degli svizzeri, una bellissima ragazza che voleva fare la modella, che purtroppo con quello squarcio accanto all’occhio destro nessuna agenzia volle più. Il comitato del circolo decise di togliere a Germano tutti gli wedge dalla sacca ed ancora oggi a distanza di molti anni vengono usati per il club dei giovani.

Germano era una sicurezza per chi faceva la prima gara, era sempre ultimo, anche gli N.P. venivano messi prima di lui in classifica. Germano era il soggetto di tutte le storie raccontate in Club House dal maestro durante i lunghi giorni di pioggia, dove l’impossibilità di fare lezione faceva emergere le qualità del maestro che era capace di intrattenere il circolo anche senza impugnare il bastone da Golf.

Un classico era il racconto della gara di putting-green “Batida de Coco” dove, perfino la ragazza che dava i gadget riuscì a fare cinque punti mentre Germano ne fece zero.

Per il 50° compleanno di Germano il Presidente del circolo lesse una lettera firmata da tutti i soci del circolo scritta appositamente per quella serata nella quale si leggeva: “ Sei la speranza di tutti i principianti, l’estremo disonore della gara, l’ultima posizione grazie a te e’ solo un’ipotesi matematica, grazie di essere nostro socio, ti preghiamo di non mancare mai la Domenica”.

A volte il segretario raccontava che Germano era N.C. da così tanto tempo che quando inseriva il numero della tessera Federale il computer emetteva un suono come se fosse una risata.

Di tutte le firme mancava solo quella di Gennai, Attilio Gennai, era un socio che odiava il gioco lento e per questo non lo poteva nemmeno vedere. Il potere di Germano era tale che gli operai del campo si sentivano come i soci autorizzati ad entrare in club-house sedersi a tavolino e parlare, l’ultima storia infatti veniva spesso raccontata da Gustavo detto Avo, il Green-Keeper del circolo, “io quando vedo Germano sul tee mentre sto tagliando il fairway, gli dico sempre di tirare, tanto non passa mai nemmeno il tee delle donne”. La sbracciata di Avo che fa segno di tirare era un segno di disonore per chiunque nel circolo: stava a significare essere al pari di Germano e per evitare ciò c’era chi sui tee di partenza faceva finta di telefonare, chi rimaneva a puttare sul Green precedente, chi cambiava buca.

I ragazzi dei paesi limitrofi avevano imparato che rubare le palline e rivenderle poteva fruttare qualche soldo. Naturalmente avevano imparato a riconoscere in lontananza Germano Virminio Tozzi, e se avevano delle palle brutte e tagliate sapevano che lui le avrebbe comunque comprate. Spesso lo seguivano per tutta la gara per rivendergli le palline che perdeva, un business garantito. Una volta in diciotto buche comprò la stessa pallina 15 volte. Germano Virminio era un giocatore particolare”, fin dalla prima lezione aveva capito che sotto lo zerbino c’era il cemento, e che questo era molto duro.

Alla buca 10, un par quattro con un lago di 55 metri da passare con il tee-shot, Germano Virminio Tozzi, non tirò mai il secondo colpo, perchè dopo la penalità si tira subito il terzo.

Continua…

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