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Nell’era in cui tutti hanno il loro attimo di popolarità anche Germano stava avendo il suo, in realtà un attimo lungo, ma meritato dalla perseveranza, dall’umiltà e dalla forza che gli ha permesso di non mollare mai vincendo la paura di essere deriso.
Insieme al professore Fernando Martelli, entrambi animati da una costante voglia di imparare, avevano creato una Golf School segreta con sede negli spogliatoi in cui si svelavano i segreti del Golf ai nuovi adepti, ormai era usuale imparare da chi non conosceva, nel nuovo campionato sociale Germano Virminio era arrivato in semifinale e addirittura era stato visto correggere un paio di swing ai nuovi arrivati.
Martelli non aveva mai mollato il Golf per immagini, anzi, il web con i suoi video e l’iscrizione ad ogni tipo di newsletter in qualsiasi lingua, avevano arricchito il suo repertorio di conoscenza golfistica e avevano accresciuto la diffidenza nei confronti del maestro di circolo. Negli spogliatoi sia lui che Germano si mettevano a spiegare lo swing e sotto la doccia mimavano l’address o il finish, rotoli di ciccia e pelle ormai a pezzi rendevano ancora più scadente quello che non era mai stato aggraziato. Forteguerri invece stava vivendo una seconda giovinezza, non avrebbe mai mollato il suo R&A in mano alla “non regola”, aveva fatto tutti i corsi che erano stati possibili per ottenere il titolo di Giudice Arbitro, l’avvicinamento del suo cart per un giocatore sul percorso era sinonimo di penalità. Forteguerri girava per il circolo più convinto che consapevole, aveva sempre con sé il libretto delle regole, il libro delle decisioni, un taccuino e un binocolo. Comunque fosse vestito, aveva sempre qualche foglia ed un po’ di terra che lo sporcava perchè per “beccare” più facilmente coloro che non giocavano a golf secondo le regole, si nascondeva nei boschi e fra i cespugli. Nel suo armadio col passare del tempo si era accumulato sempre più vestiario mimetico e negli ultimi tempi era arrivato al circolo con gli scarponi da militare. L’unico ruolo che rifiutava era quello dello starter, lo costringeva ad avere uno scambio alla pari senza possibilità di punire, fare lo starter non lo soddisfaceva perchè era attività preventiva, mentre lui aveva solo voglia di dare un mucchio di penalità.
Un altro personaggio che trovava in questo nuovo circolo un mezzo di rivalsa e crescita personale era l’ingegnere Calotti, il grande tecnico del golf incompreso nel passato, oggi era il saggio anello di congiunzione fra Tiger Woods ed un NC, molti dei nuovi soci avevano riposto in lui molte speranze, anche lui aveva fondato una sua Golf School, però era molto meno segreta (tanto col maestro non ci era mai andato d’accordo) e con sede nella sala TV. Quando si fermavano tutti a vedere le gare dei professionisti l’ingegnere Calotti non perdeva occasione per alzarsi e mimare il movimento di gambe piuttosto che quello della rotazione del tronco perchè era convinto che gli altri non vedessero cosa vedeva lui, che non capissero cosa lui capiva, e quindi, ormai prodigo di consigli gratuiti, cercava di far capire agli “Swing by Web” il movimento corretto per diventare dei buoni giocatori. Dopo un paio di esempi e di movimenti mal articolati c’era chi era interessato e chiedeva ulteriori delucidazioni, ma fra gli spettatori presenti i più cominciavano a urlare di mettersi a sedere che “non si vede niente”.
Era ormai lontano quel Calotti della Bardarolo-Avezza andata e ritorno a tempi di maratona, ma lui non avrebbe mollato, quella stanza era la sua Golf School. Fra i tanti adepti c’era un certo Bonecchi detto flappa, un tipo basso dagli occhi inespressivi che guardano tutto ma non escono mai dal luogo comune, incapace di analisi profonde e personali, era uno dei tanti, aggiornatissimo accumulatore di nozioni senza capacità di elaborarle, scriveva tutti i consigli su di un libretto che spesso rileggeva, ma il golf è uno sport che non si impara con gli occhi, ma col cervello, ecco perchè in molti guardano, ma pochi imparano. Bonecchi metteva insieme i consigli di Calotti a quelli di Biramberti, qualsiasi cosa si possa pensare era venuto fuori un giocatore dalle caratteristiche interessanti, convintissimo, praticamente invincibile, riponeva una fiducia incondizionata in Biramberti, ma a volte sentiva il bisogno di qualcosa di più saggio e antico, allora andava da Calotti, che giustificava i suoi consigli, citando aforismi di vecchi professionisti ormai in pensione o passati a giocare nel campo fra le nuvole.
Valerio Bonecchi era il prototipo del golfista tecnologico, aveva con sé ogni attrezzo creato per migliorare il livello di gioco, ma visto il fallimento totale di ciascuno di questi attrezzi, si può tranquillamente asserire che Bonecchi non avesse nessun livello di gioco da migliorare, come se un archeologo scavasse sempre più in profondità dove non c’è niente da trovare. E nella sua eterna ricerca dello swing perfetto, in mezzo a quel groviglio di consigli di entrambi i suoi maestri, Bonecchi scavava, scavava tantissimo, scavava nei consigli e nella sua mente ma più che altro scavava sul percorso, cavolo quanto scavava!! Lacerava il manto erboso con le sue flappe, offendeva se stesso e il golf, offendeva il lavoro del povero Avo, quelle flappe erano come sigarette spente col piede su di un prezioso tappeto Kashan. Bonecchi pensava che l’errore fosse quello di non conoscere esattamente la distanza dalla buca, era il prototipo della tecnologia unita all’ approssimazione, mi viene in mente quella nave da crociera ultra tecnologica che il comandante ha mandato contro uno scoglio, uno scoglio che giaceva li fermo, immobile, da molto prima che la navigazione del mare avesse origine. Nella vita si fanno errori utili ed errori inutili, ebbene quelli di Bonecchi erano errori inutili, incapaci di portare ad una conclusione risolutiva.

Continua…

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